Il Natale: bisogno o amore?

Giuseppina Rotondi

Il Natale: bisogno o amore?

Ti sei mai chiesto se festeggi il Natale per bisogno o per amore?
Quando ci avviciniamo al Natale con il solo desiderio di ricevere qualcosa, rischiamo di bloccare il flusso magico dell’amore. Indossiamo maschere, ci appesantiamo con tradizioni vuote, corriamo a comprare regali inutili, lasciandoci trascinare da abitudini e aspettative che ci allontanano dalla nostra vera essenza... e da quella del Natale.

Intrappolati nel bisogno, viviamo nell’illusione di poter ottenere l’amore che desideriamo. Ma così facendo, rischiamo di non accorgerci che l’amore, quello vero, è già qua. Guardiamo il Natale attraverso i filtri del nostro bisogno, credendo di portare amore, quando in realtà lo stiamo solo pretendendo.

Un Natale appesantito dai nostri bisogni diventa faticoso, pieno di sensi di colpa, sacrifici inutili e corse estenuanti per soddisfare aspettative che ci svuotano invece di arricchirci. Riempendo i vuoti degli altri, speriamo che gli altri colmino i nostri, oppure che sia l’atmosfera natalizia a farlo al posto loro. E così finiamo per trasformare una festa di gioia in un’esperienza estenuante.


Ma come possiamo liberare il Natale dal bisogno?
Il Natale è amore puro, una forza che esiste, semplicemente.

L’amore vero non si misura in base a ciò che diamo o riceviamo, né ha bisogno di conferme o riconoscimenti.

Il Natale è un’occasione speciale per lasciar fluire liberamente l’energia dell’amore, senza cercarla nei negozi, nel cibo o dentro a pacchetti e pacchettini.

I bisogni appartengono alle mancanze del passato. Quante volte, da piccoli, abbiamo desiderato far felice nostra madre e avremmo voluto riempirla di tutto ciò che le mancava? Ma, per quanto ci siamo sforzati, non era mai abbastanza. Più ci siamo sforzati di rendere felice nostra madre, più il Natale rischia di diventare una corsa faticosa e senza pace.


Ora è il momento di guardare oltre.
Possiamo amare nostra madre anche con i suoi dolori, i suoi bisogni, le sue fragilità. Possiamo vederla forte per il solo fatto che ci ha dato la vita: il dono più grande. Questo è il vero regalo del Natale, il pacco più grande da spacchettare, quello che contiene il tesoro più prezioso... la NOSTRA VITA.

Solo allora quel regalo potrà essere condiviso con gli altri, incondizionatamente. È un dono fatto di energia, non di materia, e l’energia con cui viviamo la nostra vita può diventare un dono straordinario per chi ci circonda.


Ci siamo voltati in avanti?
Il Natale è considerato la festa dei bambini, ma è anche la festa del nostro bambino interiore. Quel bambino dentro di noi può finalmente gioire e riempirsi dell’amore della propria madre, anche quando lei è stata triste, arrabbiata o distante.

Lasciamo che i bambini dentro di noi trovino la loro gioia, e vedremo il Natale trasformarsi. Non sarà più una festa di bisogno, ma una celebrazione dell’amore, puro e libero, che illumina ogni cosa.

Autore: Giuseppina Rotondi 16 aprile 2025
La Settimana Santa è il passaggio dall’oscurità alla luce. La luce della Risurrezione. È quel tempo in cui ci sembra di aver perso l’anima, quando invece è lei ad aver perso Dio, smarrita tra ego e paura. Il cammino verso la sua Pasqua è fatto di passaggi profondi e sacri: confessione, penitenza, purificazione, trasformazione. Se liberate dal significato tradizionale, queste parole riacquistano la loro verità. Confessare significa riconoscere dove l’ego ha prevalso, dove le nostre scelte hanno generato disarmonia. È il primo passo, quello che ci porta dalla colpa alla responsabilità. È dire: “Questa parte è mia, la riconosco, e scelgo di trasformarla”. Da quel momento i nostri errori vengono rimessi nelle mani del grande movimento dello Spirito, quella forza creatrice che opera silenziosamente e che tutto trasforma. Inizia così la penitenza, intesa non come sacrificio punitivo, ma come gesto consapevole di rinuncia. Rinuncia a ciò che appare indispensabile per il piccolo ego, ma che in realtà limita l’anima. La penitenza purifica la parte più profonda di noi, quella che sa abbandonare vecchi automatismi per un nuovo più autentico. È un modo per purificare il cuore, spogliarsi e indossare vesti nuove, come facevano i nostri genitori il giorno di Pasqua per simboleggiare l’avvenuto rinnovamento. Come Gesù nell’Orto dei Getsemani, sopraffatto dalla paura, chiese al Padre di allontanare il calice, anche noi, nella nostra fragilità, possiamo tendere un ponte verso Dio. È lì, nel fondo della notte interiore, che Lo incontriamo; nel luogo senza riferimenti, nell’ignoto, nel caos, nell’insicurezza della paura. Quando tutto sembra finito e arriva il dono della resa; quando il rumore si placa e finalmente possiamo ascoltarLo. La Settimana Santa diventa così riconciliazione, una preghiera che non chiede, che non sa cosa avverrà né cosa porterà. Quel vuoto fertile dove avviene il miracolo: il corpo si dissolve e dalla tomba interiore risorge lo Spirito. La Settimana Santa apre nuove strade, quelle che attendono di risorgere con noi. E quando questo avverrà, saremo dei perfetti sconosciuti, persino a noi stessi. “Cosa ho fatto oggi a servizio della vita e degli altri?”. È questa la domanda che nasce nel cuore rinnovato, perché il servizio è la forma più concreta della Risurrezione. È il miracolo dopo la sofferenza. La Risurrezione non è un’ascesa o una fuga verso l’alto, è un risveglio che accade qui, nel corpo, nella materia, nel presente. In un amore che si fa utile. È un miracolo per chi sa accoglierlo. Ed è lì, in quell’umile disponibilità al nuovo, che incontro Dio. Buona Pasqua a tutti, dal cuore. Giuseppina
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